sabato 23 novembre 2013

Un grande fotografo: Robert Capa

Robert Capa nacque nel 1913 in Ungheria. Studiò come fotografo in Europa. Con le sue fotografie documentò molti conflitti nel mondo, dalla guerra spagnola alla guerra d’Indocina.
Morì in Indocina a Thai Binh, nel 1954 su una mina antiuomo mentre fotografava gli spostamenti delle truppe francesi.


Come diventò fotografo
Durante gli ultimi giorni di scuola prima degli esami finali, Robert era molto preoccupato perché non aveva ancora idea di quale strada prendere. Tutti i suoi compagni avevano già un’idea su cosa fare: alcuni avevano intenzione di diventare poliziotto, panettiere nel negozio del padre, avvocato. Lui era l’unico ragazzo che non aveva ancora scelto il suo futuro. Nonostante tutti i suoi sforzi per trovare qualcosa che gli piacesse, Robert non trovava ancora la sua strada tanto che uno degli ultimi giorni di scuola pensò quasi di farsi bocciare per poter rimanere in quella classe  e non affrontare i problemi del futuro.
Verso la fine dell'anno entrò nella classe di Robert un signore tutto vestito di nero con un grembiule addosso che teneva in mano un trespolo a tre gambe su cui era fissata una specie di scatola. Era una macchina fotografica. Il preside e gli insegnanti sistemarono i ragazzi per la foto di classe. 
Il fotografo sistemò la propria macchina rivolta verso i ragazzi. Controllò la messa a fuoco, ruotando avanti e indietro l’obiettivo, diede un’occhiata alla classe e cominciò a contare.
In quel preciso istante Robert notò che uno dei suoi compagni non era in posizione giusta per la foto, infatti era con il viso voltato da un’altra parte. 
Allora  Robert pensò che con quella fotografia l‘immagine dei suoi compagni sarebbe rimasta per sempre nel tempo tranne che per il suo compagno che era voltato. Si sarebbe così perso il ricordo del suo viso. Lo colpì soprattutto il fatto che una macchina fotografica potesse fermare un preciso momento nel tempo che mai più può essere ripetuto nello stesso preciso modo.
In quel momento Robert prese la sua decisione. Trovò  finalmente cosa gli  piaceva veramente e che poteva riempire gli anni futuri di gioia.

Alessio B. 

venerdì 22 novembre 2013

Ritorno al futuro

Riviviamo le scelte scolastiche che i nostri genitori hanno compiuto prima di noi e che fra poco anche noi ragazzi dovremo compiere.
Nella seguente intervista mio papà racconta come ha fatto a scegliere prima la propria scuola superiore e poi anche il lavoro. Il testo evidenzia come in noi possano nascere passioni contrastanti che ci mettono a dura prova per quella che poi sarà la "grande scelta".

D: Ciao papà, sto facendo un lavoro per la scuola, mi chiedevo se avessi cinque minuti per rispondere ad alcune domande?
R: Certo, inizia pure.

D: Riguardo alla scuola superiore, eri indeciso come me quando eri ragazzo?
R: Ero molto indeciso perché ero uno dei pochi che aveva scelto un liceo, la maggior parte aveva scelto scuole professionali o istituti tecnici, quindi ero un po' spaventato.

D: In quanto all'indirizzo in base a che criterio avevi scelto?
R: Alle medie mi piaceva la matematica: era la mia materia preferita e quindi ho scelto lo scientifico. Ho seguito la mia passione.

D: Trovi che sia più difficile scegliere oggi o quando tu eri ragazzo?
R: Oggi ci sono più indirizzi e quindi è più difficile scegliere: d'altro canto la scelta ai tempi era "più obbligata": se ti piaceva matematica c'era uno scientifico e se non volevi fare latino c'era ragioneria.

D: I tuoi genitori ti hanno in qualche modo obbligato nella scelta del liceo? 
R: No mai. Le decisioni di questo tipo spettavano a me e io dovevo ripagare la loro fiducia con i buoni voti e l'impegno come del resto anche tu dovrai fare.

D: Ti sei pentito della tua decisione? 
R: Con gli anni le mie materie preferite sono diventate italiano e latino ma il liceo scientifico dà una buonissima preparazione anche nelle materie di carattere umanistico e letterario.

D: Mi consiglieresti una scuola in particolare?
R: Io ti lascio libero di fare ciò che vuoi anche se per uno indeciso come te consiglierei il liceo scientifico tradizionale dove si fa un po' di tutto così puoi guardare con più calma al futuro.

D: Futuro, tu come hai deciso il tuo lavoro?
R: Anche qui, purtroppo, ero indeciso tra medico e giornalista. Ma alla fine ha prevalso la mia mia passione per la scrittura e per la lettura.

D: Due lavori molto diversi...
R: Si, è vero, erano due aspirazioni molto contrastanti ma vedrai che succederà anche a te.

D: Ti piace il tuo lavoro?
R: Sono felice di aver realizzato il mio sogno e mi piace ancora oggi svegliarmi alla mattina e raccontare le vicende che interessano i cittadini e informarli su ciò che accade nel mondo.

Federico B.

...verso il futuro

È un anno importante questo per me perché dovrò prendere una decisione sulla quale si basa il mio futuro alle scuole superiori. Non ho ancora un’idea ben precisa sul lavoro che vorrò fare da grande, ma proviamo a vedere come ha vissuto questa esperienza una persona più grande di me, ovvero mio papà. 

D: Papà, in questo periodo, in classe con le mie prof e compagni, stiamo trattando il discorso dell’orientamento verso il futuro, ma invece tu potresti dirmi se il  lavoro che fai ti piace?
R: Allora Giuseppe, io all’inizio della mia carriera scolastica, quando ero ancora giovane, volevo diventare avvocato, ma poi ho studiato finanzia e commercio per lavorare in banca. Diciamo che è stato un lavoro trovato per caso perché ai miei tempi, studiare commercio offriva quasi subito un posto di lavoro, poi mi è piaciuto e ora sono soddisfatto.

D: Parliamo del tuo capo, quando si lavora è una persona  che pretende cura e precisione  o comunque quando si lavora vi lascia un po’ di tranquillità?
R: No no, il mio capo è una persona che ci lascia grande libertà, ma comunque pretende sempre il meglio da tutti.

D: Quindi ora, se avessi la possibilità di tornare indietro, quale professione ti piacerebbe fare?
R: Vorrei studiare giurisprudenza per diventare avvocato, perché fare un lavoro che piace, guadagnando anche qualcosina in meno, dà molta più soddisfazione.

D: Un’ultima domanda: cosa ti aspetti che io faccia da grande?
R: Mi aspetto che tu scelga degli indirizzi di studi che ti permettano di  fare il lavoro che più ti piace per il futuro, ma il consiglio che ti posso dare è quello di studiare benissimo le lingue e l'informatica che oggi sono fondamentali.

                                                             Giuseppe M. C.

Conversazione con mio padre

Tutti noi ora stiamo vivendo un periodo molto delicato caratterizzato dalla scelta della nostra futura scuola. Però dobbiamo pensare che anche i nostri genitori hanno vissuto questa esperienza.

D: Papà, quale scuola secondaria di secondo grado hai frequentato?
R: Ho frequentato un istituto tecnico industriale statale (ITIS) indirizzo perito industriale con specializzazione elettrotecnica.

D: È stata una scelta facile o difficile? Perché?
R: Abbastanza facile perché questa scuola ti dava la possibilità di studiare cinque anni per poi accedere o all'università o al mondo del lavoro. La scelta è stata però molto facilitata grazie all'aiuto dei miei professori delle medie.

D: Ti sei mai pentito di questa scelta?
R: No.

D: Durante questi i cinque anni delle superiori hai mai avuto delle difficoltà?
R: Sì, perché in seconda superiore non avevo più voglia di studiare ma volevo andare a lavorare (la mia crisi era dovuta alla voglia di avere qualche soldo in tasca). Però ho tenuto duro e ho continuato a studiare anche se in terza ho preso un debito in storia.

D: Avresti voluto fare l'università? E hai potuto?
R: Sì, volevo fare ingegneria ma non ho potuto perché non avevo possibilità economiche.

D: Dopo la scuola hai fatto qualcosa o sei entrato subito nel mondo del lavoro?
R: Dopo le superiori ho fatto militare per un anno esatto e poi ho iniziato a lavorare.

D: Quale è stato il tuo primo incarico? Ti è piaciuto?
R: Il mio primo incarico è stato l'operaio in una industria artigianale di porte. Mi è piaciuto molto.

D: Quanti tipi di altri lavori hai fatto?
R: Ho ricoperto numerosi ruoli sempre in quella azienda finché sono diventato responsabile della produzione.

D: Il lavoro attuale ti soddisfa?
R: Certamente. In questi tre anni ho lavorato in proprio in una azienda appartenente alla mia famiglia.

D: Hai qualche aspirazione che non hai mai potuto realizzare? Se sì, quale?
R: Sì, avrei voluto fare il dirigente di una centrale idroelettrica.

D: Guardando al futuro cosa immagini?
R: Immagino di progredire con la realtà di piccolo imprenditore e di far crescere sempre di più la mia piccola azienda.

Francesco B.



Intervista alla mamma: i progetti e il lavoro

Ecco in questa intervista i progetti di adolescente, le scelte, la vita e il lavoro attuali.

D: Mamma, devo prendere una decisione importante quest’anno: devo decidere quale scuola superiore è più adatta a me. Tu come hai scelto la scuola superiore? Hai avuto difficoltà ? Avevi dubbi? Sapevi già cosa volevi fare da grande?
R: A dir la verità io dall’età di otto anni sapevo che avrei voluto fare il medico, quindi la scelta della scuola superiore era condizionata all’iscrizione ad un liceo, per potermi preparare adeguatamente all’Università che avrei voluto frequentare.

D: Perché non l’hai fatto il medico?
R: Perché era un corso di laurea troppo lungo e costoso e mia mamma, tua nonna, non poteva permettersi di farmi studiare per almeno 9 anni… Lo sai sono la prima di tre sorelle.



D: Perché allora hai scelto di fare l’avvocato?
R: In realtà, è stata una scelta di “ribellione”: non volevo scegliere una facoltà scientifica che mi ricordasse quello che, anche a 19 anni, era il mio desiderio. Era più facile accettare di fare tutt’altro rispetto a Biologia o Scienze dell’alimentazione, ossia le facoltà che avevo preso in considerazione come alternativa. Tra l’altro i miei voti era molto più alti nelle materie letterarie che in quelle scientifiche. Chimica e fisica non mi piacevano poi molto, eppure erano fondamentali in quelle facoltà. Questa è stata una valutazione importante per spingermi ad iscrivermi a Giurisprudenza.

D: Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
R: Il rapporto con le persone, riuscire a risolvere i loro problemi. Poi studiare, capire come applicare la legge alla realtà e scrivere.

D: E’ dura alzarsi presto e finire tardi?
R: E’ una questione di responsabilità: hai preso degli impegni verso altre persone e devi fare tutto il possibile per riuscire ad ottenere il massimo risultato possibile. Poi il mio lavoro è fatto di scadenze periodiche che devi rispettare per non fare “danni” gravi e qualche volta irrimediabili!

Rebecca A.

In gita nell'Ottocento

Il 7 novembre 2013 la classe terza della scuola Sant’Ambrogio è andata in gita al villaggio Crespi d'Adda, dove si trova una delle più importanti industrie dell'Ottocento.

La loro giuda li ha portati a vedere la fabbrica dall’esterno perché ora è chiusa per ristrutturazion
i: da lontano si nota subito l'immensa ciminiera.

Subito dopo gli alunni sono andati a visitare il lavatoio di fianco al quale si trovavano le docce: alla fine della giornata per gli operai era un obbligo lavarsi e si poteva accedere con un apposito biglietto.

La visita è proseguita al cimitero dove è presente la tomba di famiglia dei Crespi, accessibile solo con la chiave affidata al custode. All’ingresso non c'erano tombe tradizionali, ma delle specie di ceppi a forma di croce.

Proseguendo con emozione la visita, gli alunni hanno visitato la centrale idroelettrica, che sta vicino al corso del fiume Adda.

Alla fine della visita è sorta una domanda "Perché sichiama Crespi?", perché il proprietario del villaggio era il signor Silvio Benigno Crespi.

Andrea Z.





Open Day 2013